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Approfondimenti

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CHIESA RETTORIA  S. PAOLO

ALLE TRE FONTANE

in collaborazione con il

settore NUOVI CULTI

 Vicariato di Roma

 

Quaresima 2012

"Il passaggio dalla morte alla vita"

Ciclo di conferenze

 di  Renzo Lavatori

domenica 4 marzo

La morte e il purgatorio

Il senso cristiano della morte

 

Questa sera, come è stato già programmato ci fermeremo sul senso “cristiano della morte”  dopo di ché sul purgatorio.  Le tematiche sono perciò queste: Morte, purgatorio, inferno e paradiso i cosiddetti nuovissimi, di cui oggi si parla poco, ma che hanno invece una importanza fondamentale per una nostra crescita e maturazione nella fede.   

Partiamo da una breve introduzione perchè c’è una frase che mi ha molto colpito: La morte è il caso serio della vita.  Sembra un paradosso, ma è proprio così !  La morte pur avendo la sua tragicità, costituisce un evento molto importante e costituisce “il caso serio della vita”.

Se noi consideriamo oggi tutto il lavoro umano, che la precede,esso ci appare  una grossa impresa per affrontare la morte. Basta pensare alle cure mediche e alle altre opere di benessere per il corpo, che sono ricercate alle volte anche appassionatamente, con lo scopo di allontanare più che sia possibile il momento supremo dell’abbandono della vita terrena.

Similmente si può dire anche che sia nella scienza sia nell’arte, c’è questo sforzo affinché  alcuni segni della nostra realtà vitale restino su questa terra, anche dopo  la nostra morte.  Dunque c’è questo senso profondo di una realtà che ci sovrasta, nonostante i progressi scientifici ed etici, nessuno ha mai risolto il  problema della morte.

Troviamo nella nostra società contemporanea questa contraddizione cioè una reazione opposta a quella che vi ho accennato prima, che è uno sforzo per migliorare la morte, per nasconderla perchè la sua constatazione, la sua presenza può provocare, a livello psicologico, turbamento e angoscia. Succede allora che il cadavere anche delle persone più care, non lo si custodisce in casa, in cui c’è la veglia di preghiera e una silenziosa meditazione, nel senso che ci si rende conto di questa realtà,  ma il cadavere lo si lascia nelle camere mortuarie degli ospedali che sono di uno squallore incredibile, accanto ad altri defunti, con una serie di bare poste una accanto all’altra,  abbandonato a se stesso e privo di quelle attenzioni spirituali importantissime e di cure sia umane che religiose. Quindi lo si vuole allontanare, in qualche modo, dallo sguardo in modo che non intralci il percorso vorticoso della vita che non venga distratta neanche per un attimo dalla routine quotidiana: la frenetica vita terrena, da cui siamo assorbiti, deve andare avanti nonostante la morte. Si pensa e ci si illude così di risolvere questo impatto inevitabile della morte, il suo silenzio e l’oscurità della morte fanno paura.

Lo stesso rito funebre, se ci avete fatto caso, viene allestito dalle imprese funerarie che pensano a tutte le problematiche amministrative, giuridiche e a quelle realtà concrete, senza che i congiunti debbano sentirne il peso, che a volte è molto faticoso, quindi si è liberati da ogni minima preoccupazione.  Tutto questo apparato a volte va affrontato con una spesa cospicua e a volte i funerali stessi si trasformano  in una manifestazioni di fiori, di addobbi, di canti,  di parole, per non perdere il senso della vita neanche per un momento  davanti alla freddezza della morte. 

D’altra parte è anche vero che questo istinto della vita che superi la morte è qualcosa che portiamo dentro di noi.  La morte di fatto è l’ultima disgrazia della vita, le malattie, l’anzianità i problemi, le difficoltà fisiche psichiche e spirituali, non sono altro che un anticipo di tutto quello che verrà riassunto in quel momento  in cui tutto finisce. 

 

Da qui appunto la domanda: ma come stanno le cose? Questo modo di fare… a volte si nota che certi morti vengono addobbati, truccati, in modo tale da sembrare vivi e questo fa impressione. Questo succede nei paesi del nord, anche in America in modo che la morte non faccia più impressione.

Allora detto questo vediamo in tre momenti successivi come bisogna invece vederla la morte. Il credente sa che la morte non deve essere trascurata, allora dobbiamo saperla affrontare, vedere, considerare con molta serenità.  Perchè poi il dramma è questo, che noi sperimentiamo la morte degli altri, anche di persone carissime, ma di noi stessi, non la possiamo sperimentare, e da qui anche questo senso di trepidazione di angoscia.  Allora per chiarire questa tematica vediamo tre momenti della riflessione.

 Il primo è questo: come questa tematica della morte sia affrontata dalle diverse culture delle varie religioni. 

Poi vediamo come deve essere vista dal punto di vista della ragione: perchè la morte? Chi l’ha fatta la morte? Dio è il vivente, colui che ha creato e vuole la vita.  Lo ripetiamo durante la quaresima : io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva. Ez 33,11 Perchè la morte la morte nel mondo?

E alla fine  vedremo il senso cristiano vero e autentico che nasce proprio dalla Pasqua di Cristo, in forza della quale possiamo vedere proprio in faccia la morte, senza temere.  S.Francesco diceva “nostra sorella Morte” .

 

Allora il primo punto: diverse visioni della morte, perchè la morte tocca tutti non tocca solo coloro che credono. La morte è una realtà che tocca tutti, alla quale nessuno può sfuggire.  Tante volte l’umanità ha cercato di dare una spiegazione al di fuori della fede a questo evento della morte e accennavo brevemente ad alcuni aspetti fondamentali che poi  si ripercuotono nel nostro ambiente contemporaneo. Per esempio le religioni pagane primitive possiedono un forte senso del culto e della venerazione dei morti, per cui questo sentimento viene espresso attraverso vari riti funebri, che durano anche  settimane,   nel rispetto e nell’invocazione dei defunti dopo la morte, addirittura si lascia anche del cibo, affinché i morti possano nutrirsi. Tutto ciò può essere frutto della paura umana di perdere la vita, e di conseguenza del desiderio naturale che la vita prosegua, seppure misteriosamente.

Oppure che questi defunti facciano ancora parte della nostra esistenza in una comunione che perdura oltre ma morte, e questo è un aspetto positivo, per cui l’uomo primitivo non disprezza mai la morte. Però la morte resta là, anche se questa visione può sembrare che attutisca la realtà della morte, però di fatto non la rende espressione di vita. 

Poi abbiamo le cosiddette religioni misteriche, sia antiche che odierne,  (le ritroviamo nella New Age) che considerano l’uomo possessore in sé stesso  di una sostanza naturalmente spirituale e immortale, estranea alla materia, che viene anche chiamata anima o psiche. Secondo questa visione l’uomo non ha bisogno di ottenere l’immortalità, poiché già la possiede, contiene già la felicità e la pienezza della vita, proprio con la sua spiritualità che già possiede su questa terra, quindi la morte non è per se stessa negativa né significativa, anzi diventa una liberazione perché l’uomo non muore, ma perde solo il corpo, da cui l’anima viene come imprigionata e ottenebrata. Ne nasce quindi una concezione disincarnata e spiritualistica, che però non dà soddisfazione perchè la nostra  vita la vogliamo vivere integralmente non solo con la nostra mente, ma anche con il nostro corpo, che abbiamo amato, e per il quale abbiamo lavorato, sofferto. 

Poi c’è la spiegazione materialistica che concepisce la vita umana ristretta dentro i confini terreni per cui la morte rappresenta la fine totale e risolutiva dell’esistenza.  Pertanto cui si cerca di vivere bene il tempo che è stato concesso dalla nascita alla morte. E questa è una concezione materialistica molto antica, è la filosofia epicurea, secondo la quale la morte è privata di ogni rilevanza etica o di senso metafisico. Basta ricordare la famosa frase di[1]: “La morte non è nulla per noi; poiché quando noi esistiamo, la morte non esiste ancora; quando la morte c’è, noi non esistiamo più”. E’ una concezione materialistica, che non appaga quella sete di vita che portiamo dentro di noi .

Questo materialismo si è anche ripreso in epoca contemporanea, nei secoli scorsi, il materialismo sociale di Marx, per cui gli individui non sono considerati nel loro valore singolare, ma solo in funzione del bene della società e della nazione, tanto che possono anche essere eliminati, pur di attuare un benessere totale o paradiso umano sulla terra. Questa visione è sorta dall’idealismo hegeliano, poi si è sviluppata nel marxismo, come nel nazismo. La morte diventa il termine e la scomparsa del singolo o di un gruppo, ma non deteriora o annulla il bene della collettività. Questo è un aspetto terrificante e abbiamo potuto constatare gli effetti disastrosi, dolorosi e drammatici che ha prodotto.

Nella filosofia moderna, propria del ventesimo secolo, che si chiama esistenzialismo, è rinato un senso della morte molto forte e angoscioso, secondo cui pare  che la morte spinga la nostra vita verso il nulla e -  come afferma J.P. Sartre : “la vita dell’uomo è un viaggio che parte dal nulla e va verso il nulla”, ossia per lui siamo venuti dal nulla e andiamo verso il nulla. Questa consapevolezza provoca ansia, angoscia, inquietudine, perchè il venire dal nulla e andare al nulla  fa sì che l’uomo venga schiacciato da questi due limiti insuperabili.

Tanto è vero che Heidegger[2],  maestro dell’esistenzialismo, afferma proprio che la stessa nascita dell’uomo è già l’inizio della morte.  Quindi non si sfugge a questa angoscia profonda, esistenziale all’esserci nel mondo, esserci solo per poi morire. 

Al di là di questa distruzione e annientamento c’è qualcosa.  L’esistenzialismo con la  scoperta dell’angoscia della morte, di fatto riattiva una certa riapertura a chiedersi:  ma veramente tutto finisce?  Ecco una domanda a cui dare una risposta.

 

Poi c’è l’ultima visione o dottrina della morte, che è oggi di attualità ma che è molto erronea ed è la dottrina della trasmigrazione delle anime, ossia l’anima non muore ma passa da un corpo all’altro che può essere un corpo umano o un corpo animale.  Questa dottrina si conosce anche come  reincarnazione o metempsicosi.

Secondo tale prospettiva l’uomo, che fondamentalmente è identificato con la sua anima, possiede la capacità di animare corpi diversi dal proprio, come abbiamo detto anche corpi di animali, di piante o di pietre,  e di vivere in essi dopo la sua morte. Lo scopo è quello di compiere la purificazione dell’anima, che viene ulteriormente sottoposta alla schiavitù del corpo e alla sua pesantezza. E così si passa da corpo in corpo, da vita terrena a vita terrena, alla fine di queste successive esperienze, secondo questa filosofia o dottrina, l’uomo giunge alla purificazione totale della propria anima.

Oggi questa credenza della reincarnazione, anche in ambienti cristiani, riscuote molto interesse ma è  profondamente erronea e ne spiego le ragioni.  

La Chiesa è intervenuta sia con la Commissione Teologica internazionale come anche nel Catechismo della Chiesa cattolica perchè è una vera e propria aberrazione.

Questa teoria nasce dalle filosofie e religioni orientali come l'Induismo, il Giainismo, il Sikhismo, e il Buddismo, anche se in quest'ultimo caso non riguarda la reincarnazione dell'anima ma quella del karma.

Sono perciò sorte in un ambiente molto diverso da quello nostro occidentale per cui quando lo si vuole ammettere, nel nostro mondo occidentale, questo aspetto della reincarnazione, ha tutto uno sconvolgimento, una distorsione perchè non trova rispondenza come nelle religioni da dove è partita, nelle quali la reincarnazione è una grossa pena perchè l’anima vorrebbe essere sciolta dal corpo, invece è costretta a stare in un corpo, anche animale. La reincarnazione ha un aspetto negativo, pesante è una purificazione forte e dura che l’anima deve fare per ottenere la purificazione.  Invece in occidente si pensa che la reincarnazione[3] sia una possibilità di godere del proprio corpo, in modo disordinato e dissoluto, peccaminoso per cui è uno stravolgimento della visione originale delle religioni orientali.  Perciò di fronte alla diffusione di questa idea della reincarnazione, la Chiesa è intervenuta per farne capire l’inconsistenza, ma anche l’errore.  Il più grande errore è questo:  negazione dell’unicità del corso della vita per ogni creatura umana.

Noi abbiamo questo tempo, il tempo in cui viviamo dalla nascita alla morte, che è unico e irripetibile ed è lì che bisogna fare la propria scelta di vita e di morte.[4]  Questo è il tempo della scelta, invece nella reincarnazione la scelta è continuamente rimandata, in maniera ininterrotta, continua fino all’infinito.  E questa non è la condizione giusta perchè in effetti porta alla  dispersione di sé stessi. 

 

Un altro aspetto negativo è dato anche dal fatto che l’unione tra anima e corpo costituisce una singolarità irripetibile, perchè il corpo e l’anima sono talmente uniti tra di loro che sussistono insieme.  Infatti dopo la morte, come sappiamo l’anima si separa provvisoriamente dal corpo in attesa di congiungersi con quello stesso corpo  alla fine dei tempi per ritrovare se stessa.  Un’anima che vive in corpi diversi di fatto non è più se stessa, è come dispersa, annientata nell propria identità personale. 

 

Un altro motivo negativo è anche che nega la risurrezione della carne,  perchè appunto il corpo è soltanto  uno strumento di espiazione e non di beatitudine.  Per cui c’è questa riduzione profonda della funzione del corpo anche a livello mentale,  che non è accettato dal punto di vista cristiano perchè il corpo è stato creato e plasmato da Dio, come racconta la Genesi.  Anche in questo senso il corpo ha un suo valore indistruttibile, ecco dunque il senso della resurrezione dalla carne, che non è la rincarnazione, e si distingue sostanzialmente da questa. 

Quindi, anche qui, dobbiamo stare molto attenti a non lasciarci influenzare da queste idee che non sono giuste, ma che sono di moda purtroppo con le correnti esoteriche in cui c’è il desiderio di dare una spiegazione a certe domande sulla propria esistenza.

 

Detto questo passiamo al punto: Perchè esiste la morte?

 

Il cristianesimo non ha mai considerato la morte come qualcosa di buono in se stessa, poiché si pone contro la vita, è la distruzione della vita. Non può essere buona perchè non viene da Dio, che è il vivente, il sommo bene.  La scrittura infatti dice chiaramente che la morte non viene da Dio, non è stata creata da Lui.  Vi leggo il testo:

… Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi.

          14Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza;

          le creature del mondo sono sane,in esse non c’è veleno di morte,

          né gli inferi regnano sulla terra, 15perché la giustizia è immortale. Sap 1,13,15

 

Perciò la morte indica il male, anzi la somma di tutti i mali perchè nega l’esistenza, ed è anche una delle più grandi disgrazie umane e noi lo vediamo in questo istinto profondo con il quale desideriamo la vita. C’è un bel testo di S.Tommaso d’Aquino il quale dice:  Per la morte il martire è privato di ciò che è sommamente dilettevole cioè “vivere ed essere” ecco perchè il martirio è un valore immenso.  E - continua S.Tommaso d’Aquino – ciò è manifesto dal fatto che gli uomini pur affaticati da quotidiane afflizioni  ripugnano la morte, quasi liberamente disposti a sopportare tutte le altre afflizioni piuttosto che la morte.  Diceva un mio amico “noi siamo in una valle di lacrime, ma si piange molto bene in questa valle” per cui se ce ne dobbiamo andare via ci dispiace.  La vita è una forza più forte della sofferenza. 

La morte quindi indica un male, più che una causa efficiente, che ha causato la morte,  c’è una causa deficiente, perchè la morte è la mancanza della vita, è” il non essere rispetto all’essere”, è “il non vivere rispetto al vivere”. Non può essere mai il bene perchè va contro  l’essenza di Dio, il Vivente che è principio della vita. Possono amare la morte solo coloro che odiano la vita e perciò rifiutano il massimo dono di Dio.

Il cristiano per questa ragione considera peccato grave il suicidio volontario. Lo dice il catechismo della Chiesa cattolica sul suicidio (su questo concetto del suicidio ci sono dei malintesi, perchè ci deve essere sempre un’azione volontaria, consapevole, responsabile, non se dettata da un momento di crisi psicologica)  

 

2281 Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all'amore del Dio vivente.

 

Perchè in effetti la morte determina la negazione totale del proprio essere, non soltanto del proprio corpo, ma della propria realtà che viene da Dio. Un segno di estremo annientamento, di estrema solitudine, di oscurità.  Ecco perchè giustamente viene vissuta come una pena, una punizione. In tal senso l’ha sempre compresa la dottrina cattolica, secondo la quale la morte è entrata nel mondo a causa del peccato ( Sap 1,13; 2,23-24) che è stato desiderato da Satana perchè, sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni del Creatore ed entrò nel mondo quale conseguenza del peccato dei progenitori, come ribadisce il Catechismo della Chiesa Cattolica 1008, dove si dice che essa è l’ultimo nemico dell’uomo a dover essere vinto.

Detto questo non possiamo desiderare la morte, ma dobbiamo invece capirla, comprenderla, affrontarla e superarla

 

Ora vediamo il terzo momento che è proprio il senso cristiano della morte.   La chiesa insiste nell’affermare che per mezzo della morte di Cristo (ecco la Pasqua)  e della sua risurrezione, è donato agli uomini il superamento della morte, non c’è altra soluzione.  Non c’è medicina, non c’è scienza, né filosofia, né arte, né tutti i nostri sforzi possono essere in grado di superare questo ostacolo della morte.  Solo il Cristo morto e risorto!  Cristo infatti trionfa sul male in modo pieno e definitivo, ma trionfa morendo sulla croce, accogliendo il veleno della morte, condividendo la corruzione e la decadenza umana, cosicché  la morte è stata totalmente disintegrata.

Gesù è l’unico essere divino e umano, uomo uguale a noi eccetto nel peccato e insieme vero Figlio di Dio, non poteva identificarsi al peccato, ma ha preso sopra di sé tutte le conseguenze del peccato, tra cui la più grave propriamente è la morte. Affronta la morte, non come uno schiavo, obbligato, come siamo tutti noi, ma l’affronta in forza dell’amore accogliendola nella sua vita terrena, con grande sofferenza fisica, psichica, spirituale, 
accettandola fino in fondo, fino all’ultima effusione del sangue e dell’acqua sulla croce. A  quel punto la morte non ha più potere, è stata annientata. 

I Padri della Chiesa, e in particolare Massimo il confessore[5] ha questa bellissima immagine: Il diavolo pensava di avere come vittima Gesù proprio conducendolo alla morte, perchè era l’ultimo stadio in cui lui è principe” …la morte è dominata da Satana per cui pensava se Cristo verrà messo a morte io trionferò.  Era questa la visione satanica, infatti tutto il processo è animato da lui attraverso i vari personaggi. 

Gesù però non era soggetto alla morte, e l’amore con cui Gesù ha affrontato la morte è più forte della morte e la morte non ha più potere su di lui. 

Dietro la sconfitta operata da Cristo, la morte del cristiano diventa “morte nel Signore Gesù”, quale unico rimedio e superamento della paura e dell’angoscia: morire in Cristo, morire per Cristo, morire con Cristo. La morte  non è più fonte di sconforto e di trepidazione, legati al castigo o alla pena, ma si trasforma in un momento e motivo di speranza e di compimento. L’Apocalisse dice: “Beati fin d’ora i morti che muoiono nel Signore (Ap 14,13). Malgrado tutte le difficoltà e le sofferenze che possa patire, il cristiano non perde mai la speranza, anzi la certezza che la vita vince la morte: “Portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo (2Cor 4,10).

Quindi se la morte è stata il luogo e il segno della rivelazione del suo amore totale e della sua fedeltà piena verso il padre celeste e verso le creature umane per il cristiano la morte non presenta soltanto aspetti negativi, ma si fa un momento o un’adesione di sottomissione e di offerta con Cristo.  E ancor più  la  morte offre l’opportunità unica di unirsi al suo Signore senza condizionamenti, perchè la morte è lo scioglimento di ogni legame, la morte assume una consistenza e un valore del tutto originario e nuovo non solo perde l’aspetto angosciante e pauroso ma diventa un evento positivo perchè vissuta con Cristo per amore.  

Si può dire dunque veramente che nel cristiano la vita vince la morte e la morte non è altro che un passaggio finale verso la vita indistruttibile e felice.

Il Catechismo della Chiesa cattolica dice:

1012 La visione cristiana della morte  è espressa in modo impareggiabile nella liturgia della Chiesa:

« Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo ».


 

[1] Epicuro (in greco: Ἐπίκουρος, Epìkouros) (Samo, 341 a.C. Atene, 271 a.C.) è stato un filosofo greco antico, discepolo di Nausifane e fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'età ellenistica e romana, l'epicureismo, che si diffuse dal IV secolo a.C. fino al II secolo d.C., quando, avversato dai Padri della Chiesa, subì un rapido declino, per essere poi rivalutato secoli dopo dall'Umanesimo del Rinascimento e dall'Illuminismo.

[2] Martin Heidegger (Meßkirch, 26 settembre 1889 Friburgo in Brisgovia, 26 maggio 1976)

Il pensiero di Heidegger: L'uomo, acquisendo coscienza della propria finitezza di fronte alla possibilità della morte, può superare l'angoscia che ne deriva solo recuperando il nesso fondamentale che lo lega all'essere. Heidegger definisce "Cura" questo compito dell'uomo che, in quanto esserci, cioè in quanto progetto calato nell'esistenza, deve custodire e rivelare l'essere. Nella storia contemporanea, tuttavia, l'umanità vive un pericolo fondamentale: il senso dell'essere viene smarrito a causa sia della manipolazione dell'ente operata dalla tecnica, sia della scarsa attenzione che l'uomo di oggi pone al linguaggio. La questione della tecnica ed il grande valore assegnato da Heidegger alla poesia sono perciò due temi fondamentali in cui si sviluppa la riflessione ontologica di questo importante pensatore tedesco

 

[3] Oggi la dottrina della reincarnazione è ufficialmente respinta dalla Chiesa cattolica * e dalla Chiesa ortodossa. Anche alcuni Evangelici e Fondamentalisti Cristiani considerano ogni fenomeno che riguarda la reincarnazione come inganno del diavolo.

* Secondo la teologia cattolica in realtà Cristo non ha mai parlato di reincarnazione, ma soprattutto questa è in contraddizione con la Resurrezione. Ma poi:

  - Nell'episodio del cieco nato, sono i discepoli che pensano che possa aver peccato lui od i suoi genitori. E' Gesù che nel versetto successivo chiarisce questa questione presente nella mentalità ebraica: «]Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.». Dunque questo male fisico non era dovuto ne per i suoi peccati, ne per quello dei suoi genitori, contrariamente a quanto loro pensavano.

- In Matteo (XII, 31-32) Gesù dice: «Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. [32]A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.». Dunque ne in questa vita, ne in quella futura che verrà dopo la morte, ovvero nell'aldilà.

- Nel vangelo di Luca, il buon ladrone viene portato subito in Paradiso, essendosi pentito e riconosciuto peccatore di fronte a Gesù. «E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

 

[4] Quali sono i concetti fondamentali della catechesi tradizionale sull’anima?

Sono quattro: a) la creazione diretta da parte di Dio di ogni singola anima, mentre il corpo è formato dai genitori a partire da materia preesistente; b) la natura speciale dell’anima, diversa da quella del corpo, che essa fa vivere; c) l’immortalità individuale; d) la caduta iniziale e la trasmissione del peccato originario a tutti i discendenti di Adamo.

Qual è il concetto di anima secondo Tommaso d’Aquino?
Per Tommaso d’Aquino l’uomo è un “composto” di corpo e anima, ovvero materia e forma; è dunque al tempo stesso sostanza spirituale (cioè essere ragionevole dotato di intelletto) ed essere animale (dotato di un corpo informato dall’anima sensitiva e vegetativa). Le sostanze spirituali sono per lui «forme separate», che esistono indipendentemente da qualunque connessione con la materia, e costituiscono un unico individuo per ogni specie animale; nel caso specifico dell’uomo, invece, ogni singolo individuo è perfettamente distinto dagli altri (l’anima è «forma per se subsistens»), in quanto solo così si può convalidare la credenza nell’immortalità dell’anima individuale

Come avviene l’unione dell’anima con il corpo?

Secondo Tommaso d’Aquino l’anima intellettiva, che dà forma e struttura alla materia e la rende vivente, non sta in alcun luogo particolare del corpo, che compenetra totalmente. L’anima si «esprime nel corpo» e lo contiene. L’anima è il principio vitale da cui scaturisce ogni azione corporea, da quelle dell’apparato locomotore a quelle della psiche. Il Concilio di Vienne (1312-1313) afferma: «riproviamo come erronea e contraria alla verità della fede cattolica, ogni dottrina o tesi che asserisce temerariamente o suggerisce sotto forma di dubbio che la sostanza dell’anima razionale o intellettiva non è veramente per sé la forma del corpo umano». Ma già Agostino d’Ippona aveva autorevolmente affermato: «in ciascun corpo l’anima è tutta in tutto il corpo, così com’è tutta in qualsivoglia parte di esso».

L’anima può vivere separata dal corpo?

Per Tommaso d’Aquino l’anima è la forma sostanziale del corpo, da cui, a differenza delle altre forme, non è inseparabile; e può continuare a sopravvivere provvisoriamente nell’aldilà, se nutrita, come gli Angeli, dell’illuminazione divina. Dopo la «resurrezione finale dei corpi» essa riorganizzerà della materia come corpo di un determinato individuo, in virtù della sua funzione di forma sostanziale (o «sostanza terza») di una persona umana completa

[5] San Massimo, detto il Confessore, nacque nel 580 e morì nel 662, il 13 agosto. Teologo e mistico bizantino, fu autore di numerose opere di carattere spirituale, teologico ed esegetico. All'età di 82 anni fu condannato da un sinodo monotelita alla flagellazione, poi gli tagliarono la lingua e la mano destra. La difesa della corretta cristologia di  Calcedonia e la dottrina del Logos sono considerate il centro speculativo di tutta la sua riflessione.

 

 

 

 

 

 

 

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